Disposizioni attuative per l’applicazione del regime transfrontaliero di franchigia IVA

 

L’Agenzia delle entrate ha disposto le misure attuative per l’applicazione del regime transfrontaliero di franchigia previsto dal Titolo V-ter, Capo I, Sezioni I, II e III del decreto del D.P.R. IVA (Agenzia delle entrate, provvedimento 10 dicembre 2025, n. 560356).

L’emanazione del nuovo provvedimento dell’Agenzia è motivata dall’attuazione della Direttiva (UE) 2020/285 (che modifica la Direttiva 2006/112/CE riguardante il Regime Speciale per le piccole imprese), attuazione disposta tramite il D.Lgs. n. 180/2024.

Il provvedimento ha lo scopo di definire in modo specifico i controlli che l’Agenzia delle entrate è tenuta a compiere sugli adempimenti. Tali controlli riguardano sia i soggetti stabiliti in Italia che intendono beneficiare del regime di franchigia in altri Stati membri (Stati di esenzione) sia i soggetti non stabiliti che scelgono di applicare il regime di franchigia nel territorio italiano.

 

L’Agenzia delle entrate sottopone i dati contenuti nella comunicazione preventiva (resa da soggetti stabiliti in Italia) a controlli di conformità, confrontandoli con gli altri dati a sua disposizione.
I controlli riguardano la congruenza del volume d’affari indicato nella comunicazione preventiva rispetto a:

  • i dati fiscali delle fatture elettroniche emesse tra soggetti residenti, stabiliti o identificati in Italia, o verso la Pubbliche Amministrazioni;
  • i dati relativi alle operazioni di cessione di beni e servizi verso soggetti non stabiliti;
  • i dati dei corrispettivi giornalieri memorizzati e trasmessi telematicamente;
  • i dati presenti nelle dichiarazioni annuali IVA e nelle comunicazioni delle liquidazioni periodiche IVA.

Se gli importi riscontrati sono difformi da quelli comunicati, il contribuente riceve un messaggio di scarto con la motivazione “Incongruenza sui dati dei volumi d’affari comunicati”, e può presentare una nuova comunicazione preventiva a partire dal giorno successivo.

 

I controlli verificano anche il rispetto delle soglie stabilite dal D.P.R. IVA:
1. Il volume d’affari annuo dell’Unione europea non deve essere stato superiore a 100.000 euro nell’anno civile precedente alla comunicazione. Se superata, la richiesta può essere ripresentata dall’anno successivo.
2. Il volume d’affari annuo dell’Unione europea non deve essere stato superiore a 100.000 euro nel periodo dell’anno civile in corso precedente alla comunicazione. Se superata, la richiesta può essere ripresentata a partire dal secondo anno successivo.
3. Il volume d’affari annuo realizzato nello Stato di esenzione non deve superare la soglia prevista da tale Stato. Il superamento è verificato tramite il portale dedicato della Commissione Europea, e il contribuente potrà presentare una nuova comunicazione nei termini previsti da quello Stato di esenzione.

 

L’Agenzia verifica inoltre il rispetto dei termini per la presentazione di una nuova comunicazione a seguito del superamento di una di queste soglie.

 

L’Agenzia assegna il suffisso EX al soggetto passivo, aggiungendolo al numero di partita IVA, una volta ricevuta risposta positiva dagli Stati di esenzione che hanno ammesso il soggetto al regime. Tuttavia, se trascorsi 35 giorni lavorativi dalla ricezione della comunicazione uno o più Stati di esenzione non hanno risposto, l’Agenzia assegna comunque il suffisso EX, a meno che lo Stato di esenzione non abbia richiesto un termine maggiore per effettuare verifiche.

 

Le Entrate verificano, inoltre, i termini di presentazione della comunicazione trimestrale e la congruenza dei dati dichiarati, del volume d’affari e del rispetto delle soglie nazionali e unionali. La mancata presentazione delle comunicazioni trimestrali comporta l’invio di messaggi agli altri Stati membri.

 

L’Agenzia disattiva tempestivamente il suffisso EX quando il soggetto passivo cessa l’attività o in caso di cessazione d’ufficio della partita IVA.

La cessazione dell’attività si presume, in assenza di informazioni contrarie, se sono trascorsi otto trimestri civili durante i quali sono state trasmesse comunicazioni trimestrali con importi pari a zero in uno o più Stati di esenzione e, contemporaneamente, non risultano trasmessi i dati delle operazioni verso soggetti stabiliti in tali Stati. In questi casi, la disattivazione del suffisso EX viene notificata al contribuente nella sua area riservata sul sito dell’Agenzia, e vengono inviati i messaggi di cessazione agli Stati di esenzione interessati. Per rientrare nel regime, il soggetto deve presentare una nuova comunicazione preventiva, osservando le “quarantene” eventualmente previste dagli Stati di esenzione.

 

Se l’Agenzia riceve due messaggi consecutivi dagli Stati di stabilimento dei soggetti non stabiliti, ammessi al regime di franchigia in Italia, relativi alla mancata presentazione delle comunicazioni trimestrali, l’Agenzia comunica allo Stato di stabilimento che il soggetto non stabilito deve identificarsi in Italia e presentare la dichiarazione IVA annuale.

 

Case mobili in legno chiavi in mano: il trattamento IVA

 

L’Agenzia delle entrate esamina il trattamento IVA della cessione di case prefabbricate modulari ”chiavi in mano” da parte di un soggetto passivo UE a un cliente privato italiano (Agenzia delle entrate, risposta 4 dicembre 2025, n. 304).

L’Istante è un soggetto passivo IVA registrato in uno Stato Membro dell’UE, che aderisce al regime One Stop Shop (OSS) e svolge l’attività di produzione di case a telaio e di case modulari prefabbricate. La Società vende tali prodotti a persone fisiche, non soggetti passivi IVA, residenti in Italia, i quali richiedono l’applicazione delle aliquote IVA agevolate del 4 e del 10%.
L’Istante chiarisce che una casa modulare, diversamente da una casa a telaio, è un prodotto completamente finito: al suo interno sono istallati impianti elettrici, idrici, fognari, ventilazione e tutti i lavori di costruzione e finitura vengono eseguiti direttamente presso lo stabilimento di produzione.

Le case modulari sono completamente pronte per essere abitate. Al riguardo, dunque, i quesiti posti sono:

– se sia possibile assoggettare la cessione di una casa modulare alle aliquote ridotte del 4% e del 10% a seguito del rilascio, da parte del cliente, di una dichiarazione in cui attesta il possesso dei requisiti per l’applicazione di dette aliquote;

– se occorra registrare le relative fatture di vendita presso l’Agenzia delle entrate o altro ente in Italia;

– quali sono le conseguenze in cui incorre nell’ipotesi di applicazione dell’aliquota agevolata sulla base di una dichiarazione/attestazione del cliente rivelatasi falsa.

 

In risposta, l’Agenzia ricorda che l’aliquota IVA agevolata del 4 o del 10% si applica quando l’operazione ha per oggetto una casa costruita e completa, idonea all’uso abitativo, sulla base di un contratto di appalto, stipulato tra l’impresa costruttrice e il cliente. Non è assoggettabile ad aliquota ridotta il mero acquisto dei singoli pezzi.

Dalle informazioni fornite risulta che il cliente acquista una casa “chiavi in mano”, descritta come “case mobili in legno chiavi in mano che uniscono design, autonomia e affidabilità”, utilizzabile come una dimora con la qualità di un’abitazione permanente. La consegna richiede 2/4 giorni, e il posizionamento sulle fondamenta avviene generalmente utilizzando una gru da cantiere per carichi pesanti. Tali caratteristiche inducono a ritenere che la casa modulare in questione sia un bene immobile ai sensi dell’articolo 13-ter, lettera b), del Regolamento di esecuzione UE n. 282/2011. Un bene immobile, ai sensi di tale articolo, è un fabbricato eretto sul suolo o ad esso incorporato che non sia agevolmente smontabile né agevolmente rimuovibile.

L’intenzione di usare la casa come abitazione permanente è preminente quando il cliente chiede l’applicazione dell’aliquota IVA al 4% (agevolazioni prima casa).

Le operazioni di installazione/ancoraggio al suolo, e al pari quelle di smontaggio, richiedono l’impiego di gru, un rimorchio, un camion ecc. e personale qualificato, e pertanto la casa non può essere considerata facilmente smontabile o spostabile. Di conseguenza, le case modulari sono beni immobili, e la loro cessione rientra nel regime naturale dell’esenzione IVA di cui all’articolo 10, primo comma, n. 8-bis) del Decreto IVA.

La cessione è soggetta a imponibilità solo se la Società è considerata impresa costruttrice; in tal caso, ricorrendone le condizioni, può applicare le aliquote agevolate del 4 o del 10%. Resta inoltre fermo l’obbligo di censimento presso il catasto fabbricati per le costruzioni ancorate o fisse al suolo o i manufatti prefabbricati stabili nel tempo e presentino autonomia funzionale e reddituale.

 

Trattandosi di beni immobili, la Società non può avvalersi del sistema OSS, in quanto quest’ultimo è riservato alle vendite a distanza di beni mobili. L’Istante è tenuto ad assolvere i relativi adempimenti IVA ricorrendo all’identificazione diretta, ai sensi dell’articolo 35-ter del Decreto IVA, oppure alla nomina di un rappresentante fiscale.

 

In caso di dichiarazione mendace nell’atto di acquisto da parte dell’acquirente, si applicano le disposizioni della nota II-bis, articolo 1 della Tariffa allegata al TUR.

L’ufficio dell’Agenzia delle entrate deve recuperare nei confronti degli acquirenti la differenza fra l’imposta calcolata in base all’aliquota applicabile in assenza di agevolazioni e quella risultante dall’applicazione dell’aliquota agevolata. Devono inoltre essere irrogate la sanzione amministrativa, pari al 30% della differenza medesima e gli interessi di mora. Mentre, nessuna sanzione è dunque prevista in capo alla Società.

 

Regime piccole imprese: modalità e termini per l’attribuzione del numero di identificazione EX

 

L’Agenzia delle entrate apporta modifiche al precedente provvedimento n. 460166/2024, il quale reca disposizioni attuative del D.Lgs. n. 180/2024, riguardante il regime speciale per le piccole imprese (attuazione della direttiva (UE) 2020/285) e le modalità di trasmissione della comunicazione preventiva (Agenzia delle entrate, provvedimento 4 dicembre 2025, n. 551770).

La modifica specifica riguarda il punto 7.4, secondo periodo, del provvedimento n. 460166/2024. Le parole “Dalla data di trasmissione agli Stati di esenzione” sono sostituite con le seguenti: “Dalla data di ricevimento della comunicazione preventiva da parte dell’Agenzia delle entrate”. Tale modifica, al fine di chiarire la tempistica per l’ammissione al regime di franchigia, precisa il termine di 35 giorni lavorativi per l’assegnazione del suffisso EX decorre dalla ricezione della comunicazione preventiva da parte dell’Agenzia delle entrate. 

Per avvalersi del regime di franchigia in uno Stato di esenzione, i soggetti stabiliti nel territorio dello Stato sono tenuti a effettuare una comunicazione preventiva all’Agenzia. Questa comunicazione è finalizzata all’ottenimento del numero di identificazione EX.
La comunicazione preventiva è trasmessa dal soggetto stabilito attraverso i servizi online dell’Agenzia delle entrate. Essa deve contenere diverse informazioni, tra cui: codice fiscale, denominazione, natura giuridica, domicilio fiscale, attività prevalente/secondarie, dichiarazione di non essere registrato al regime SME-SS in altro Stato di stabilimento, gli Stati di esenzione in cui si intende avvalersi del regime, eventuali altri identificativi IVA, e il volume d’affari nel territorio dello Stato e nei singoli Stati dell’Unione europea nei due anni civili precedenti e nel periodo dell’anno civile in corso precedente la comunicazione preventiva.

Se gli Stati di esenzione hanno soglie differenziate per settori, i volumi di affari devono essere indicati distintamente per ciascun settore.
La comunicazione preventiva può essere trasmessa anche da un intermediario con delega alla consultazione del Cassetto fiscale del richiedente.

La trasmissione della comunicazione preventiva è consentita a decorrere dal 1° gennaio 2025.
La trasmissione è preclusa ai soggetti stabiliti:

  • il cui volume d’affari nel territorio dell’Unione europea sia stato superiore a 100.000 euro nell’anno civile precedente la comunicazione;
  • il cui volume d’affari nel territorio dell’Unione europea sia stato superiore a 100.000 euro nel periodo dell’anno civile in corso fino al momento della trasmissione;
  • il cui volume d’affari nello Stato di esenzione indicato nella comunicazione sia superiore al massimale previsto dalla direttiva SME-SS per ogni singolo Stato.

La correzione di una comunicazione preventiva già trasmessa è consentita entro il termine di cinque giorni lavorativi dalla data di trasmissione. Dopo tale termine, la correzione è inibita fino alla ricezione del riscontro della comunicazione già inviata da parte degli Stati di esenzione.
I soggetti autorizzati devono effettuare l’aggiornamento della comunicazione preventiva se interviene una variazione delle informazioni fornite, quando intendono avvalersi del regime in Stati membri differenti da quelli già indicati, oppure quando decidono di cessare l’applicazione del regime di franchigia in uno o più Stati di esenzione.
La comunicazione preventiva è predisposta e trasmessa mediante la procedura web disponibile nell’area riservata del sito internet dell’Agenzia delle entrate.
L’Agenzia delle entrate esegue controlli formali in fase di compilazione e controlli successivi alla trasmissione. Superati i controlli, l’Agenzia trasmette la comunicazione o l’aggiornamento agli Stati di esenzione. Il termine per l’ammissione decorre dalla data di ricevimento della comunicazione preventiva da parte dell’Agenzia delle entrate.
L’Agenzia attribuisce al soggetto stabilito il numero di identificazione EX all’esito positivo del riscontro di almeno uno Stato di esenzione, o alla decorrenza dei termini per mancata risposta da parte degli Stati di esenzione. La procedura web permette la consultazione delle comunicazioni inviate, la correzione, e la consultazione delle ricevute relative agli esiti istruttori e di riscontro.

 

Utilizzo credito da DTA da parte del cessionario: la compensazione non rientra tra le modalità consentite

 

Con la risposta del 4 dicembre 2025, n. 300, l’Agenzia delle entrate si è soffermata sulla cessione dei crediti d’imposta derivanti dalla trasformazione delle attività per imposte anticipate (Deferred Tax Assets – DTA).

L’istante ha acquistato dalla crediti d’imposta derivanti dalla trasformazione delle imposte anticipate (DTA) di cui all’articolo 2, commi da 55 a 58, del D.L. n. 225/2010. I crediti, chiesti a rimborso in dichiarazione, sono stati ceduti all’istante ai sensi dell’articolo 43-bis del D.P.R. n. 602/1973.
L’istante, in qualità di cessionaria, chiede se sia possibile utilizzare tali crediti da trasformazione delle DTA in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. n. 241/1997. In particolare, chiede se sia possibile estendere al caso concreto l’orientamento espresso con la risoluzione n. 32/E/2025, resa nell’ambito della cessione dei crediti d’imposta da trasformazione delle DTA operata ai sensi dell’articolo 44-bis del D.L. n. 34/2019. L’istante chiede, inoltre, se sia corretto esporre i crediti ricevuti all’interno del quadro RU del Modello Redditi SC per consentire l’indicazione dell’ammontare dei crediti utilizzati in compensazione.

 

L’Agenzia fa presente che l’articolo 43-bis del D.P.R. n. 602/1973, che disciplina la cessione dei crediti, prevede che “le disposizioni degli articoli 69 e 70 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, si applicano anche alle cessioni dei crediti chiesti a rimborso nella dichiarazione dei redditi“. La norma stabilisce inoltre che “il cessionario non può cedere il credito oggetto della cessione“.

 

Richiamando la risposta ad interpello n. 253/2025, in tema di cessione di crediti da DTA ex articolo 44-bis del D.L. n. 34/2019, è stato chiarito che l’articolo 43-bis disciplina espressamente le cessioni dei crediti chiesti a rimborso e prevede l’altrettanto espresso divieto di ulteriore cessione.
Secondo l’orientamento già espresso “il cessionario potrà, pertanto, solo monetizzare l’importo del credito acquistato, mediante incasso delle somme oggetto di rimborso senza possibilità di utilizzo in compensazione né di ulteriore cessione”. Tale principio è stato ribadito con la successiva risposta ad interpello n. 259/2025. In questa risposta è stato precisato che “l’acquisto di un credito chiesto a rimborso esclude non solo la possibilità di ulteriore cessione, ma anche la compensazione dello stesso ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997”. Di conseguenza, la compensazione non rientra tra le modalità di utilizzo del credito da DTA da parte del cessionario che ha acquistato il credito ai sensi dell’articolo 43-bis del D.P.R. n. 602/1973.

 

L’Agenzia ritiene, dunque, che la possibilità di utilizzare in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. n. 241/1997 un credito ceduto ai sensi dell’articolo 43-bis del D.P.R. n. 602/1973 è esclusa nel caso di specie.

 

Accise su gas naturale ed energia elettrica: dettagli su usi domestici, non domestici e usi promiscui

 

L’Agenzia delle dogane e dei monopoli fornisce “ulteriori indicazioni in merito alle modifiche alla disciplina dell’accisa sul gas naturale e sull’energia elettrica” introdotte con il D.Lgs. n. 43/2025 (Agenzia delle dogane e dei monopoli, circolare 2 dicembre 2025, n. 32).

Le modifiche hanno interessato i settori d’imposta in questione, intervenendo in modo particolare su:

  1. La qualificazione delle aliquote d’accisa applicabili al gas naturale impiegato per usi di combustione, sostituendo la distinzione tra “usi civili” e “usi industriali” con quella tra “usi domestici” e “usi non domestici”.

  2. La disciplina specifica per il gas naturale impiegato per usi di combustione destinato ad un uso promiscuo.

  3. La rimodulazione dei termini e delle modalità di versamento dell’accisa, prevedendo la presentazione di due dichiarazioni semestrali in luogo di un’unica dichiarazione annuale di consumo.

  4. La disciplina relativa al versamento e alla gestione della cauzione d’imposta da prestarsi dai soggetti che svolgono attività di vendita del gas naturale e dell’energia elettrica, prevedendone l’adeguamento periodico.

  5. La rimodulazione dei termini per l’invio delle comunicazioni mensili dei quantitativi fatturati da parte dei venditori.

L’articolo 1, comma 1, lett. g), del D.Lgs. n. 43/2025 ha riscritto l’articolo 26 del D.Lgs. n. 504/1995, prevedendo che il gas naturale destinato alla combustione sia assoggettato ad aliquote d’accisa per usi domestici e per usi non domestici, mantenendo immutata la misura delle aliquote. Il Legislatore ha inteso esplicitare la differenziazione dei livelli di tassazione in modo strettamente correlato al dato oggettivo della destinazione d’impiego del gas naturale.

L’articolo 26, nella versione applicabile dal 1° gennaio 2026, stabilisce al comma 4 che “È considerato uso domestico ogni impiego del gas naturale destinato alla combustione in unità immobiliari aventi una funzione abitativa e loro pertinenze”.
Il presupposto applicativo dell’aliquota “per usi domestici” è individuato nella destinazione ad un uso abitativo delle unità immobiliari.
Rientrano altresì nell’uso domestico:

– la combustione nei locali degli uffici pubblici, degli istituti di credito e degli istituti di istruzione (sia pubblici che privati);

– la combustione negli uffici, anche di società e imprese, posti fuori dagli stabilimenti, dai laboratori e dalle aziende dove viene svolta l’attività produttiva;

– i consumi per il riscaldamento delle abitazioni del proprietario, dei dirigenti e degli impiegati dell’impresa eventualmente ubicate nell’interno delle fabbriche;

– l’utilizzo del gas naturale destinato al riempimento dei serbatoi di autoveicoli mediante impianti derivati dalla rete di distribuzione del gas a servizio degli immobili.

 

L’aliquota d’accisa “per usi non domestici” trova applicazione secondo un criterio di residualità, ricadendo in tale ambito gli impieghi del gas naturale realizzati per lo svolgimento di attività in locali non destinati ad usi abitativi.
Tale aliquota risulta applicabile ai consumi effettuati:

– in tutte le attività industriali produttive di beni e servizi, nelle attività artigianali ed agricole;

– nel settore alberghiero, della distribuzione commerciale e negli esercizi di ristorazione;

– negli impianti sportivi adibiti esclusivamente ad attività dilettantistiche e gestiti senza fini di lucro;

– nei consumi relativi al teleriscaldamento alimentato da impianti di cogenerazione che abbiano le caratteristiche tecniche specificate, anche se riforniscono utenze domestiche;

– nelle attività ricettive svolte da istituzioni finalizzate all’assistenza dei disabili, degli orfani, degli anziani e degli indigenti, data la loro preminente funzione assistenziale.

 

Rientrano ora nel perimetro “usi non domestici” (dal 1° gennaio 2026) diverse fattispecie sino ad oggi escluse dall’aliquota “per usi industriali“:

  • impiego di gas naturale in biblioteche, pinacoteche, musei, gallerie, teatri, cinematografi, discoteche, sale per concerti e spettacoli e simili;
  • consumi relativi a poliambulatori per fisioterapia e alle case di cura;
  • consumi effettuati per lo svolgimento dell’attività di cremazione dei defunti;
  • lavanderie, anche self-service, enti fiera e ospedali;
  • consumi relativi alle attività connesse a quella produttiva (uffici amministrativi, mense aziendali, docce, abitazione del custode, ecc.), a condizione che siano svolte in locali ubicati all’interno del recinto delle imprese.

L’aliquota “per usi non domestici” non ha natura di aliquota agevolata, ma è un’aliquota specificamente prevista. Per il suo riconoscimento, i consumatori finali sono tenuti a fornire al proprio venditore una dichiarazione contenente la descrizione dell’attività svolta, degli impieghi del gas naturale e l’indicazione dell’iscrizione presso la competente Camera di commercio. I venditori possono applicare l’aliquota a partire dalla data di presentazione di tale dichiarazione.

Il comma 6 dell’articolo 26 riformulato definisce l’uso promiscuo come “l’utilizzo contestuale del gas naturale, fornito a un unico punto di riconsegna, in impieghi differenti, con esclusione dell’uso per autotrazione, relativamente ai quali è prevista l’applicazione di distinte aliquote di accisa, l’esenzione o la non sottoposizione ad accisa”. In queste situazioni, la discriminazione dei quantitativi deve essere effettuata sulla base di criteri oggettivi. Il cliente finale è tenuto a presentare al fornitore una richiesta specifica che precisi:
– le quote percentuali del gas naturale consumato nei distinti impieghi;

– una stima del quantitativo annuale di gas naturale previsto.

Questa richiesta deve essere corredata da una dichiarazione che attesti l’attività economica svolta e la sussistenza dei presupposti per i trattamenti tributari, nonché da una relazione tecnica asseverata da un tecnico abilitato. In assenza di tale documentazione, l’intera fornitura sarà assoggettata alla tassazione definita nel contratto di somministrazione.

Il D.Lgs. n. 43/2025 ha modificato la regolamentazione, introducendo l’articolo 26-ter per il gas naturale e riformulando l’articolo 55 per l’energia elettrica.
Per entrambi i settori d’imposta, il termine per il versamento dell’accisa dovuta è stato fissato alla fine di ciascun mese. I soggetti obbligati sono tenuti alla presentazione di due dichiarazioni semestrali, da effettuare entro i mesi di settembre (per il semestre gennaio-giugno) e marzo (per il semestre luglio-dicembre), in luogo dell’unica dichiarazione annuale.

 

Per l’anno d’imposta 2025, la dichiarazione annuale deve essere presentata, nella formulazione vigente per il 2025, entro la fine del mese di marzo 2026. Entro lo stesso termine deve essere effettuato l’eventuale versamento di conguaglio. Le somme versate in eccedenza per l’anno 2025 possono essere detratte dai successivi versamenti di acconto oppure richieste a rimborso ai sensi dell’articolo 14 del TUA, entro il termine biennale di decadenza. Analogamente, l’eventuale eccedenza per ogni singolo semestre (a partire dal 2026) può essere detratta dai versamenti successivi o richiesta a rimborso.

Rispetto alle vigenti destinazioni d’uso applicabili fino al 31 dicembre 2025 e presenti nella dichiarazione annuale di consumo per il corrente anno, dal prossimo
anno i quantitativi di gas naturale e di energia elettrica forniti a clienti UE o extra-UE saranno inseriti in sezioni distinte da quelle riguardanti la liquidazione dell’accisa, stante la non applicabilità dell’imposta a tali cessioni.

Devono essere riportati negli allegati le nuove destinazioni d’uso da applicare a partire dal 1° gennaio 2026, con l’indicazione delle precedenti codifiche delle stesse per comodità di lettura e confronto. Ferma restando la necessità di riportare nelle comunicazioni mensili e nelle dichiarazioni semestrali relative ai consumi fatturati a partire dal 1° gennaio 2026 le nuove destinazioni d’uso, i venditori possono indicare in tali documenti le codifiche vigenti fino al 31 dicembre 2025, avendo cura di comunicare all’Ufficio dell’Agenzia competente per ambito l’applicazione delle precedenti codifiche.

Le nuove disposizioni trasferiscono sui soggetti obbligati l’onere relativo allo svolgimento delle attività necessarie a garantire l’adeguatezza della cauzione prestata.
A partire dal 1° gennaio 2026, la cauzione deve essere prestata in misura pari al 15% dell’accisa annua. L’importo della cauzione deve essere adeguato trimestralmente (entro la fine del primo mese successivo al trimestre di riferimento), in modo da essere non inferiore alla media aritmetica dell’accisa dovuta nei tre mesi precedenti.

A partire dal 1° gennaio 2026, i soggetti obbligati venditori devono trasmettere le comunicazioni mensili relative ai quantitativi di prodotto fatturati entro la fine del mese solare successivo a quello a cui fanno riferimento.